Una credenza potrebbe essere definita come una opinione che si considera la verità.
“Una impressione catalettica a cui diamo l’assenso è per noi la verità” (Zenone di Elea, 489-431 a.C.)
Credenze e convinzioni agiscono a livello inconscio e influenzano le nostre azioni. Formano la nostra programmazione mentale.
Un’opinione è temporanea perché può cambiare facilmente. Una credenza si forma quando abbiamo più punti di riferimento e proviamo anche delle emozioni su un fatto per noi certo. Quando una credenza si rafforza con l’intensità emozionale diventa una convinzione.
Quando una persona si trova in opposizione alla convinzione di qualcuno, potrebbe anche arrabbiarsi e non accettare altri punti di vista.
Il funzionamento mentale in cui sono identificato è determinato da alcune mie convinzioni.
Alcune volte io non so nemmeno quali siano, sinché qualcuno non me le disconferma.
Cambiarle significherebbe modificare la mia identificazione. Il che è buono se il mio scopo è trascendere l’ego, ma distruttivo se il mio scopo è proteggere l’ego.
Le convinzioni si basano sulle associazioni emozionali che si sono create durante tutte le nostre esperienze di vita dirette e indirette.
Le credenze e le convinzioni ci portano spesso a generalizzare. Ciò crea pregiudizi .
Il pregiudizio ci porta (spesso seguendo la massa) a non prendere in considerazione la realtà dei fatti.
Ciò limita i nostri pensieri e le nostre azioni.
Credenze, convinzioni, pregiudizi determinano la percezione che noi abbiamo della realtà.
La percezione, infatti, è essenzialmente un fatto proiettivo.
Una volta, Pancho Villa, nel pieno della rivoluzione, fu raggiunto da un messaggio telegrafico: “Abbiamo preso un centinaio di militari prigionieri, che ne dobbiamo fare?”. Lui rispose: “ Fucilateli”. E la risposta fu inviata.
Un suo compagno gli disse: “Scusa, ma non sono d’accordo. Un militare che si arrende risparmia anche le nostre vite, e –in più- ci fornisce tutte le informazioni in suo possesso. Non è da fucilare.”
Pancho Villa trovò la cosa molto sensata e cambiò la sua convinzione. Spedì subito un contrordine e stette con ansia accanto al telegrafo, aspettando di sapere se il nuovo ordine fosse stato rispettato.
In generale, in caso di convinzioni divergenti, tutto si gioca a livello della disposizione d’animo a incontrarsi. Che è qualcosa in più del livello semplicemente emotivo. Ci vuole un incontro basato sulla fiducia, nel rispetto anche del modo di essere dell’altro (convinzioni comprese). Spesso ci vuole tempo. Così dovrebbe essere nel confronto religioso, scientifico, politico, non meno che in quello familiare, aziendale, ecc.
All’altro capo delle possibilità, c’è il muro contro muro, gli interessi ed il gioco di forza implicito o esplicito. Tutte cose che, in un modo o nell’altro, si pagano.
Non è nemmeno detto che, per forza, due posizioni debbano convergere, possono anche restare parallele.
La vita è complessa e ci sono più ragioni di quello che chiunque possa riuscire a capire.
All’indomani dell’indipendenza indiana, durante gli scontri sanguinosi per strada tra indù e musulmani, Gandhi andò a stare a casa di un suo amico musulmano per dimostrare che non ci sono problemi a convivere.
Ma bisogna persino stare attenti ad essere semplicemente umani, perché chi ha convinzioni troppo forti può arrabbiarsi davvero. Gandhi fu ucciso appunto da un indù oltranzista.
Federico II ottenne Gerusalemme dall’emiro suo amico, per comprensione reciproca sulla cosa migliore da fare per placare gli animi. Il papa lo scomunicò.
Probabilmente, tutto questo discorso è uno di quelli fondamentali nella storia dell’umanità.
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