molto più di uno stereotipo rosa?
A due anni dall'uscita di "Barbie: grandi città, grandi sogni" torna sullo schermo l'iconica bambola, questa volta con un film in live action dedicato ad un pubblico più adulto.
Prima ancora dell' uscita il film ha fatto di tutto per far parlare di sé. Ha scelto mosse tradizionali di marketing: teaser, trailer e interviste al cast, ma anche strategie più fantasiose come quelle nate con la collaborazione con Burger King, o la scelta del Guerilla marketing che in America e non solo, ha sostituito le classiche fermate dei bus, quelle con le panchine scomode, con veri e propri salottini di Barbie.
Ma non solo rosa è il colore di Barbie… Prima ancora dell'arrivo in sala il lungometraggio ha attirato su di se anche molte critiche, alcune legate appunto al marketing esagerato, altre di natura geopolitica, altre dovute all'eccessiva richiesta di colore rosa sul set, e altre più classiche, legate non tanto al film, ma alla famosa bambola, che per molti mostra un rappresentazione dell’esempio di donna da non seguire, a tratti persino umiliante per il genere femminile, per il quale era stata pensata.
Ma per dirla con Oscar Wilde: “C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé”, quindi ben venga qualunque tipo di pubblicità, positiva o negativa che sia, l'importante è che arrivino al bottegheno incassi da record.
Ma cosa bisogna aspettarsi da questo film? Una classica avventura di Barbie come quelle con cui siamo cresciuti? Un viaggio nel frivolo e nel rosa? O magari un ritorno a Oz?
Nulla di tutto questo.
Chi andrà al cinema con l’aspettativa di vedere un film Very Trash non ne uscirà deluso.
Con i suoi colori sgargianti, i personaggi sopra le righe e le coreografie ingiustificate, il livello non delude questa aspettativa. Ma si tratta di una scelta registica ben precisa che ricorda le pellicole di John Waters, o la serie Scream Queens.
Una scelta per alleggerire la pesantezza dei temi trattati, cattcalling, patriarcato, matriarcato e lotta tra sessi.
Viene mostrato quanto è dura per l’essere umano vivere in una società in cui non si è rispettati o considerati. O come un genere sessuale non dovrebbe prevalere sull'altro, perché nessuno è migliore di...
Ma soprattutto quanto un qualsiasi nobile intento, anche il risultato di una creazione, possa essere frainteso o peggio manipolato.
L'iconica bambola creata da una donna perché le bambine degli anni 50 potessero immaginare una vita diversa da quella di mogli e madri, affinchè potessero identificarsi in ruoli a loro preclusi: dottoressa, avvocato, giudice, astronauta (...) è stata trasformata in capro espiatorio della sessualizzazione della donna, del suo sentirsi spesso inadeguata e costretta a sottostare a regole sociali non scritte, a cui si chiede d'essere tutto ma al contempo niente.
Ma una bambola ha davvero tutto questo potere? O invece c’è chi rimpiange i bei tempi andati e vorrebbe le donne fossero rimaste com’erano all'inizio del '900?
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