È diventato quasi un cliché: “leggere apre la mente”. Ma é davvero così?
Gli ultimi studi in ambito neuroscientifico hanno dimostrato che la lettura di romanzi cambia fisicamente il corpo.
La lettura, infatti, impatta ampiamente sul cervello: un articolo sulla rivista Brain connectivity dimostra che la connettività tra “il solco centrale” e la “corteccia temporale sinistra” del cervello risulta accresciuta.
Il neuroscienziato Gregory Berns, con alcuni colleghi, ha sottoposto 21 studenti alla lettura del romanzo “Pompei”, un thriller dalla trama particolarmente intrigante e avvincente.
I risultati degli esami hanno mostrato che la lettura di un romanzo provoca effetti duraturi nelle regioni del cervello responsabili del linguaggio e la ricettività e in quelle deputate alla creazione delle rappresentazioni sensoriali del corpo.I ricercatori hanno poi osservato un’accresciuta connettività nella corteccia temporale sinistra, che è un’area del cervello legata alla ricettività del linguaggio.
Il dott. Berns ha sottolineato che questa accresciuta connettività è rimasta tale anche se gli studenti non leggevano il libro mentre erano in fase di scansione cerebrale. La lettura è “come una sorta di memoria muscolare», commenta Berns.
«Sapevamo già che le buone storie possono farci camminare con le scarpe di qualcun altro, in senso figurato. Ora stiamo vedendo che questo può anche accadere biologicamente».
La fiction migliora le prestazioni cognitive? Stefano Calabrese
David Comer Kidd ed Emanuele Castano, in Reading Literary Fiction Improves Theory of Mind, («Science») dimostrano che la lettura di romanzi aumenta i livelli di empatia tra le persone e ne potenzia anche l’intelligenza emotiva. La fiction, insomma, migliora l’empatia: smetto di essere me stesso e mi proietto in un altro da un punto di vista emotivo e cognitivo.
Nello specifico, risultano più efficaci quei romanzi caratterizzati dall’adozione di particolari dispositivi narrativi quali le focalizzazioni multiple (la stessa cosa vista da personaggi differenti), gli spostamenti complessi dell’asse narrativo (i narratori cambiano in continuazione il luogo dal quale narrano e/o fingono di vedere ciò che raccontano), il ricorso a monologhi interiori e a flussi di coscienza, che consentono al lettore un pieno accesso alle esperienze funzionali dei personaggi.
Ma è dimostrato che la lettura fa anche di più.
Leah Price, del Dipartimento di inglese dell’Università di Harvard, ha compiuto lunghi e approfonditi studi sulla depressione che colpisce oggi nel mondo circa 350 milioni di individui, meno della metà dei quali in possesso di risorse che consentano cure di psicoterapia, e ha positivamente trovato il rimedio migliore e a minor costo: la lettura immersiva di finzioni romanzesche.
Non un cliché, dunque, ma una verità: la lettura “trasforma” i lettori.
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