Il paradosso dell'ecologia inizia a rivelare come non vi sia attività umana priva di effetti sull'ambiente. Oggi, anche scegliere la sorte del proprio corpo dopo la morte è diventato un male.
L'Isde, Associazione italiana dei medici per l'ambiente, ha recentemente pubblicato il primo position paper italiano sui possibili effetti ambientali e sanitari della realizzazione di forni crematori in aree urbane.
Ad oggi, in tutta Italia si contano ben 87 forni crematori in attività, concentrati soprattutto al nord del paese ed in continua richiesta di espansione, spesso non proporzionata al fabbisogno.
I curatori del documento, in considerazione della domanda crescente, allertano l'opinione pubblica sui rischi sanitari ed ambientali legati a questa pratica antichissima, rivelatasi oggi dannosa per gli ecosistemi.
La cremazione, consiste nella distruzione delle salme o delle carcasse di animali ad altissime temperature, la cui azione le riduce ad un cumulo di cenere e piccoli frammenti ossei non ulteriormente trattati.
Tale pratica, per via di lacune normative e tecniche, comporterebbe l'emissione in atmosfera di un'ampia gamma di sostanze chimiche inquinanti, risultanti dalla combustione stessa.
Depositate sul terreno, queste andrebbero ad inquinare grandi aree e raggiungere poi le falde acquifere, con conseguente impatto sulla salute pubblica e sull'ambiente già fortemente provati da centinaia di altre attività, ben più intense e costanti.
L'allarmismo è sempre stato parte integrante di una politica mondiale del rimedio- " prima che sia troppo tardi " - alle azioni perpetrate dall'uomo contro l'ambiente, nell'illusione che la nuova consapevolezza portasse redenzione.
Possiamo affermare che a prevalere siano state le soluzioni concrete o qualche altra scelta?
Alla realizzazione di opere di effettivo rimedio ai seri danni ambientali, come la messa al bando della plastica, sembra si preferisca invece l'identificazione ossessiva e caotica di quante e quali attività dell'uomo moderno possano avere un inatteso impatto negativo sull'ambiente.
Come auspicabile, il risultato è stato il seguente: anche la flatulenza dei bovini negli allevamenti intensivi è una seria minaccia per l'ambiente, benché l'allevamento risalga a millenni fa e la naturale funzionalità intestinale dei bovini non rientri tra le variabili eliminabili.
Pare allora non si stia cercando tanto una soluzione concreta al problema ambientale, quanto una definizione approssimativa dell'entità di questo, concludendo con un nulla di fatto.
Ad oggi, non c'è attività dell'uomo che non rischi di rendere la terra un pianeta inadatto alla vita, visti i presupposti e le premesse che muovono ogni opera.
Per ogni debole rimedio attuato, si scovano almeno altri tre problemi a cui far fronte: è l'impasse dell'uomo moderno che riesce addirittura a rendere anti-ecologiche anche pratiche millenarie, dall'allevamento di bovini alla cremazione dei defunti, appunto.
La cremazione, rappresenta nel mondo un rituale millenario dotato di valenza religiosa, storica, culturale e sociale e le cui tracce si perdono nei millenni e nell'evoluzione del pensiero umano.Rituale sacro per gli induisti a Varanasi sul fiume Gange per India e Nepal, ha conquistato le opinioni europee solo a partire dal XVIII, con lenta approvazione delle varie correnti religiose europee.
Dal 2016 in America ha superato la sepoltura, diventando la pratica più comune e, in misura proporzionale, la più inquinante tra le modalità di trattamento delle spoglie dei defunti.
Allo stesso modo, in India, l'alta densità di popolazione ed il conseguente aumento proporzionale del ricorso alla pratica, ha pesantemente contribuito a rendere il fiume Gange uno dei più inquinati del pianeta.
I dati scientifici, pongono dunque in rilievo quanto la pratica millenaria si riveli inquinante, in misura paragonabile a quella di altre attività industriali di vario genere.
Tuttavia, l'interpretazione di questi dati e la loro contestualizzazione, potrebbe peccare sempre della solita presunzione umana. La scienza, per tali motivi, pare più rapida e ferrata nell'identificazione di ogni possibile danno, piuttosto che nelle relative soluzioni.
Ed in tale squilibrio, nasce il paradosso per cui ogni cosa, nella misura e nell'intensità adottate dall'uomo, diventi dannosa.
Senza riguardi per il valore storico e culturale o per i limiti stessi della natura, l'uomo moderno estremizza indistintamente ogni sua azione sulla natura, ignorando concetti cari a questa, come l'armonia, l'equilibrio, la tolleranza e la capacità non infinita di auto-riparazione.Ogni gesto o scelta, come la stessa sorte del proprio corpo dopo la morte, non possono ormai esimersi dal diventare, in estrema sintesi, un veleno per tutti.
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