IL MORBO DEL MULTITASKING
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IL MORBO DEL MULTITASKING

Aggiornamento: 4 dic 2023

C’era un tempo in cui internet era la saggezza dei vecchi, che mischiavano fantasie con rancori, folklore e ricordi lontani.

Un tempo, neanche troppo lontano, il lavoro era duro e circoscritto al tempo del lavoro, il tempo non era tiranno ed i viaggi erano sempre tre: andata, permanenza altrove e ritorno.

Poi, di fronte alle potenzialità di qualche invenzione geniale, qualcuno ha desiderato così tanto il futuro da accorciare la distanza, agendo sull’unica variabile modificabile: il tempo.

Il futuro è già qua. Il futuro è adesso.

Quel futuro depositario di infinito potere e ricchezza per l’ego umano, doveva arrivare sempre prima: prima in un decennio, poi in un anno, in un mese e, infine, ieri.


Oggi ti promettono di diventare ricco in 5 giorni, partendo dal nulla, se inizi adesso.

Se invece hai già ricchezza, potresti diventare ancora più ricco entro le prossime otto ore lavorative dei tuoi dipendenti, se solo questi fossero dei computer.

Se sei un comune dipendente, non puoi non essere caduto dentro questa trappola di un mediocre imprenditore qualsiasi che crede di poter ingrossare il suo portafogli battendo sul tempo improponibili piani giornalieri.

Oppure, se sei caduto nella gigante trappola di una multinazionale, sai benissimo che sei solo un numero di un turno qualsiasi dove fai le stesse cose per un numero definito di ore ed allora, l’unione di azioni compensa il problema del tempo che non basta.

Non importa chi tu sia e quanto tempo ti rimanga da vivere, ma devi fare più di quel che ha senso, di quel che puoi e di quel che devi.

E quando avrai concluso la tua giornata lavorativa da dipendente qualunque, porterai a casa quella modalità altamente tossica che ormai non riconosci più, integrandola alla tua vita quotidiana che si svuoterà e perderà senso, lentamente ma inesorabilmente.


Inizierai ad avere fretta di vivere la stessa identica vita di prima ma ad un tempo non tuo.

Non ci saranno miglioramenti o crescite personali.

Non ci sarà più il tempo per ogni cosa e si arriverà stanchi alla fine della giornata che è stata vissuta non come successione di 24 ore ma come se fosse una settimana intera, per la quale sei ovviamente in ritardo.


Era questo il futuro che sognava chi ha inventato il computer ?

I desideri di potere, ricchezza, successo e dominio sulle masse sono diventati così potenti che nessuno ha più voluto collocare nel domani ciò che chiamava futuro.

Tutto è entrato a far parte dell’ora, dell’adesso: il futuro non si sogna più. Il futuro si fa.


Così, ogni giorno, viviamo una vita che mescola presente, passato e futuro ignorando l’impatto che questo disumano mix provoca alla nostra coscienza.

In tanti, vivono una vita che non finisce mai di digerire e seppellire il passato, perché deve spasmodicamente pensare al futuro che detta ogni regola e tempo.

E l’oggi è solo il modo in cui questa tortura viene perpetuata.


Le cose che usiamo oggi, dovevano essere nelle nostre mani già ieri.

I soldi che spendiamo oggi, li guadagneremo fra tre mesi.

Le risorse che consumiamo oggi, le abbiamo in realtà terminate quattro mesi fa.


Così funziona il caro vecchio occidente, vivendo un tempo di nessuno, alla velocità dell’ego.


Da quando l’informatica ha acquisito il suo ruolo commerciale e sociale, non rimanendo più nascosta dentro oscuri bunkers militari, l’uomo medio ha trovato la tanto agognata fonte di ispirazione malata per questo suo avvicinamento “egoguidato” alla propria idea di futuro come luogo di potere e ricchezza.


Si sbaglia chi pensa di non essere stato raggiunto da questo morbo moderno.

Quanti di noi hanno dovuto sperimentare la stesura di un nuovo curriculum secondo i canoni graditi alle grandi, medie o piccole aziende?

Quante skills ,altamente ricercate, ci hanno portati a chiederci se queste stiano assumendo umani o robot?

Problem solving, ragionamento logico-matematico, proattività e, non ultimo, multitasking.

Questo è quanto viene chiesto ad ogni povero malcapitato che si accinga a ricercare un semplice lavoro per poter vivere e non una difficile vita per poter lavorare, come pare invece essere.


Se lavori in un’azienda medio-piccola, soprattutto se posta sotto il dominio di imprenditori dall’ego più grande del proprio buonsenso, saprai sicuramente che la tua giornata lavorativa di 8 ore deve avere una produttività di almeno 12 ore, delle quali 4 non pagate ma pretese, per il bene dell’azienda e della sua ricchezza. Non la tua.


Ti verrà chiesto ogni giorno di dare il 100 % per far sì che il fatturato e la ricchezza ( sempre non tua ) crescano fino ad una cifra decisa in sogno, dopo l’ultima sbronza notturna del mediocre imprenditore di turno, a conclusione di un party a base di alcool e chissà che altro.

Ti verrà chiesto, con falsa cortesia di chi vorrebbe invece sbatterti in faccia ogni singolo centesimo del tuo stipendio mediocre, di fare di più, in fretta, oltre le tue competenze ed in barba ad ogni principio di sicurezza ed equilibrio.


Devi essere numero senza nome e dignità, oppure capro espiatorio per ogni zero che sparisce dal fatturato.


Durante la tua giornata lavorativa, devi occuparti simultaneamente ed efficientemente di mansioni differenti ed interferenti le une con le altre, perché così è deciso e perché non sei padrone del tuo tempo - la tua unica ricchezza - quando hai firmato col sangue un contratto dalle sfumature incerte e che ti porterà a rivedere il ritmo stesso della tua vita, interiore ed esteriore.


Insomma, benvenuti nel mondo del multitasking.


Come affrontare brevemente il tema del multitasking? Iniziando dalla conclusione: il multitasking umano non esiste.

Per voler essere precisi, così come abbiamo imparato a concepirlo, neanche in ambito informatico il multitasking esiste.

Nel mondo binario fatto di 1 e 0, delle stringhe e dei complessi linguaggi di programmazione, un computer non riesce a fare due o più cose contemporaneamente ma gioca sul tempo, proprio come l’uomo, ma molto meglio.

Al contrario di quell’ammasso di carne, ossa e sentimenti che è l’uomo, un computer è rapidissimo, come se all’uomo bastasse solo pensare qualcosa per realizzarla.

Un computer è così rapido che, pur svolgendo un’azione dopo l’altra - proprio come noi umani - queste azioni ai nostri occhi sembrano simultanee.

Eppure, anche il computer più potente, fa una sola cosa per volta. Ci sarà un motivo?


Nel tempo di un battito di ciglia, un computer in America raggiunge uno smartphone a Milano: distanze enormi, tempi infinitamente piccoli.

Con buona pace di chi trasmette e perpetra quest’epidemia di fretta cronica che flagella la qualità della vita, a qualsiasi frequenza un computer o l’uomo rispondano, l’essenza dell’azione e del tempo stesso sta comunque nel contenuto.

Una stronzata ad alta velocità resta comunque una stronzata. Veloce, ma pur sempre stronzata.

L’essenza di ogni cosa, buona o cattiva, non è mai intaccata dal tempo.

Dovremmo ritornare agli antichi concetti di filosofie perdute, quando il tempo era schiavo del senso ed un’opera d’arte nasceva in decenni o non nasceva mai, perché troppo lontana rispetto dal tempo rimasto all’artista.


Oggi viviamo in un mondo malato in cui abbiamo più fretta che felicità, più ansia che saggezza, più malesseri che gioie.

Perché?

Il perché è lo stesso delle guerre, della povertà, della criminalità: l’uomo ed i suoi problemi interiori.

Un sistema malato si combatte dall’interno, svuotandolo lentamente e privandolo delle fondamenta malate.


Non sorprendetevi allora, se tante attività chiudono per assenza di personale, se gli scioperi aumentano ed il fango inizia a colare dai grattacieli dei nuovi centri finanziari.

Non sorprendetevi se qualcuno a voi vicino, all’apice di una presunta carriera fenomenale, molla tutto per vivere sulla riva di una spiaggia vicino Phuket oppure si lancia nel vuoto o gioca a fare il lampadario.


La velocità logora l’uomo.


Il tempo del mondo occidentale è malato, lo spazio dell’occidente è malato ed il multitasking è il virus più letale del nuovo millennio, perché fonte di una totale soppressione della coscienza, a favore di una produttività dal beneficiario occulto.

Viviamo con lo strano pensiero per il quale, la morte di tutti noi, non si possa in qualche modo assomigliare o che a qualcuno non sia concesso morire, per diritto divino.

Anche se ci avvicinassimo ad efficientissimi computer, non rimarremo in vita più a lungo e non raggiungeremmo mai niente di più di una vita vissuta piuttosto male.

La differenza sta nel come viverla, nell’essenza e nel ritmo naturale che questa porta in sé.


La notte arriva anche per chi dorme tutto giorno, come la meta arriva per chi corre e per chi va piano, in un tempo diverso.

Che siano stagioni, eventi inevitabili della vita o traguardi, tutto ha il suo tempo, il suo spazio ed il suo modo.











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