La generazione Y trova le sue radici nell’ultimo ventennio del secolo scorso, comprende i nati tra l’inizio degli anni 80 e la metà degli anni 90.
Detta molto più frequentemente, benché erroneamente per molti, Millennials, il Times l’ha definita: “Me Me Me Generation”, individualista e concentrata su di sé, ma allo stesso tempo dotata di grande adattabilità.
Sempre connessa, narcisista, pigra, ma anche pragmatica e ottimista è stata cresciuta da insegnanti e genitori degli anni 40/70, ma si sviluppa e vive la propria vita adulta negli anni 2000, in un mondo cioè completamente diverso da quello che le era stato spiegato, e in cui le regole apprese sono state totalmente ribaltate. Costretti, inoltre, a lottare per la propria affermazione nel mondo con le generazioni successive che sembrano conoscere il “gioco” meglio di loro.
Spaesati e un po’ confusi gli Y si sono rimboccati le maniche e hanno cercato di sopravvivere adattandosi alla società. Ma seguendo il paradigma “pensare prima a sé: l’egoismo come principale via di sopravvivenza”.
Una adattabilità agita anche nel mondo del lavoro in cui in un modo o nell’altro questa generazione è riuscita a crearsi un proprio spazio, ma che spesso si tramuta in una inadattabilità relazionale.
L’abitudine a reinventarsi e a concentrarsi su di sé porta infatti molto spesso i Millennials a non dare valore alla propria emotività né a empatizzare con gli altri.
Hanno paura nel prendersi un impegno a lungo termine, poiché tutto è letto come fugace e mutabile, esattamente come loro.
Come conciliare dunque la loro percezione della realtà con la necessità di un tempo dilatato e lungo, fondamentale per la costruzione di relazioni profonde?
Una buona parte degli appartenenti alla generazione Y rifugge dalla relazione seria aspirando ad un semplice appagamento personale senza curarsi dell’altro. Non si domanda relativamente a chi ha di fronte chi sia, che pensa, quali siano le sue paure o di cosa necessiti.
I propri bisogni sono l’unica cosa importante, e sta alla larga da tutto ciò che potrebbe creare impegno, si tratti di confronto o di instaurare rapporti maturi.
Quella dei Millennials è una generazione volatile fatta spesso di rapporti effimeri tra persone sole: oggi siamo amici, oggi ci amiamo e domani…chi sei?
Evidentemente non tutti i Millennials rientrano in questa descrizione, ma chi ne è fuori rappresenta una piccola parte, solitamente i più vicini ai due estremi della generazione piuttosto che al suo centro.
Ma attenzione, non si tratta di una generazione inconsapevole della propria realtà.
Tanti di loro la denunciano pubblicamente e ne soffrono, ma la denuncia rimane sterile,
poiché sembra mancare una reale volontà di “fare per cambiare”.
Ciò che rimane alla fine è un gruppo di Peter Pan emotivi con la pretesa di occupare il centro del mondo. Ma incapaci di ascoltare, osservare, empatizzare o creare relazione.
Peter Pan soli, ciascuno sulla propria isola che, appunto, non c’è.
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